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Puerto Williams e su fino a Puerto Madryn – Dente del Navarino o dente del giudizio?

17 - 23 Dicembre 2019

L’insediamento di Puerto Navarino sembra proprio uno di quei luoghi sperduti in un’isola dell’oceano, con un clima inospitale e un guardiano del faro con la barba bianca e la pipa in bocca. Ci sono solo un paio di edifici che servono le limitate funzioni di dogana dell’isola. Aspettiamo il bus che arriva in poco tempo, durante il quale scattiamo qualche foto di questo angolo di mondo così inusuale.
Il tragitto in bus dura quasi un’ora ed è tutto su una strada bianca, costeggiando il Beagle Channel. Sarebbe da fotografare tutte le piccole baie che tocchiamo, alcune delle quali con una barca di pescatori ancorata al sicuro e una piccola casetta sul promontorio. Ma il bus è di quelli pubblici e non ammette fermate superflue.

 

Puerto Williams
L’eccitazione nei nostri volti!

 

Puerto Williams
Attracchiamo

 

Puerto Williams
Il molo dall’altra parte del Beagle Channel

 

Puerto Williams
Questa e’davvero come immaginavo la fine del mondo

Arriviamo a Puerto Williams verso le 11. Il paesino, come previsto, è di quanto poco eccitante ci possa essere. Case di lamiera e legno, poche strade e architetture essenziali a dir tanto. Ci mettiamo a girare per cercare una camera. I prezzi sono stellari ma alla fine, dopo un’indagine di mercato approfondita, torniamo da una signora con la guesthouse più carina, che per quattro notti ci fa anche un po’ di sconto.
Posiamo gli zaini e andiamo a farci un giro.

Puerto Williams
Serenita’

Andiamo a pranzo in un ristorante colombiano nella piazzetta più turistica del paese. Non mi fanno neanche la bandeja paisa per cui dubito dell’autenticità del luogo ma ci mangiamo un pezzo di carne e riso. Facciamo un salto anche all’ufficio informazioni dove un simpatico addetto non sa neanche lui cosa consigliarci di fare, a parte trekking. Però ci prega di venirlo a trovare così da scambiare due chiacchiere, in spagnolo o inglese come preferiamo. Ci dà l’idea di essere un po’ solo.
Dopo un veloce giro per negozietti Erika decide di andarsi a stendere in camera che il dente del giudizio le sta facendo vedere le stelle. Io colgo l’occasione per andarle a comprare qualcosa come regalo di Natale, con la scusa di fare qualche foto. Mi giro tutti i pochi e mal forniti negozi di Puerto Williams e alla fine riesco ad ottenere un bottino di: un paio di orecchini con il simbolo dei popoli indigeni della Patagonia, un paio di orecchini con dei pinguini con il cappello di Natale e una busta di mate al calafate (un frutto rosso tipico della Patagonia). Non proprio un Natale ricco ma spero significativo.
Torno in ostello che inizia a piovigginare. Non smetterà più fino alla sera successiva, ma qui è normale e non ci scandalizziamo più di tanto. Anzi ci rilassiamo anche troppo e non mettiamo il naso fuori di casa, godendoci la piccola routine che in un posto così piccolo si riesce a trovare facilmente: spesa, colazione, pranzo e cena, filmetto, riposini, lavoro al pc e tisane calde guardando fuori dalla finestra la pioggia cadere. Il fatto che siamo i soli ospiti aumenta la sensazione di casa.

Puerto Williams
Presepe andino

Il dolore al dente di Erika però peggiora e, il pomeriggio del secondo giorno, proviamo ad andare all’ospedale che si trova convenientemente proprio dietro casa. Ci dicono però che le emergenze le trattano di mattina e quindi di tornare il giorno seguente.
La sera abbiamo chiesto alla signora che gestisce l’ostello, un tipetto tutto pepe, se ci poteva far provare la specialità del luogo, il king crab, con una ricetta locale. Ci dice che ci sono anche altre due persone che vorrebbero mangiarlo e ci chiede se ci va bene fare un’unica serata tutti insieme. Accettiamo ma non capiamo da dove queste persone provengano. Scopriremo poi che la signora è nominata sulla Lonely Planet, non solo per l’ostello, ma anche per il suo “home restaurant” solo su ordinazione. Che acchiappata!!
I nostri compagni di tavolo sono due svizzeri atipici. Lei frivola, ancora senza un’idea precisa di cosa fare da grande nonostante abbia trent’anni, tornata all’università da poco e con una passione incontrollabile per il tango. Lui più con la testa sulle spalle, pacato, trascinato da lei in Sud America, avendo strappato questi 3 mesi di aspettativa al lavoro. Chiacchieriamo amabilmente delle nostre vite e non solo di questo viaggio come si fa con i backpackers ventenni, e questo ci piace. Ancor più ci piace il granchio al forno gratinato al formaggio fatto dalla signora. Per una volta il sapore del crostaceo viene esaltato da questo accoppiamento invece di esserne sopraffatto. Andiamo a letto soddisfatti della serata.

Il giorno dopo ad Erika all’ospedale dicono che c’è una infezione sul suo dente e che deve prendere l’antibiotico. Gli suggeriscono anche di farsi fare una pulizia del pus da un dentista privato (pratica che poi in Italia il dentista dirà essere non necessaria se non controproducente). La moglie del dentista all’ospedale è anche lei dentista e opera in uno studio a casa sua. Cercando di non pensare all’ovvio conflitto di interessi, ma volendo risolvere questa situazione una volta per tutte, andiamo anche dal dentista privato.
Il famoso studio è una piccola roulotte parcheggiata sul vialetto di casa. Dentro devo dire che appare come un normale studio dentistico e questo ci tranquillizza un poco. La figlia della signora, di circa 2 o 3 anni, non ne vuole sapere di stare in casa mentre la mamma opera e quindi siamo costretti a farla entrare. I primi cinque minuti sta buona, poi si inizia ad agitare, cade e si mette a piangere. Io non so come approcciarla ma alla fine mi faccio forza, la raccolgo e la metto seduta su una sediolina. Per finire in bellezza la bambina se la fa anche sotto per la gioia dei nostri nasi. Nel frattempo la dentista ha aperto la gengiva infiammata di Erika e gliela sta pulendo. Speriamo non peggiori la situazione!

I due giorni seguenti non riusciamo a fare molto perché Erika si sente più male del previsto. Il dente va sempre meglio con l’antibiotico ma ora ha come una strana influenza che due volte al giorno la fa crollare senza forze sul letto, con brividi di freddo e male alle ossa. Pensiamo sia l’influenza che il bambino della famiglia che ci ospitava a Ushuaia aveva, ma la cadenza bigiornaliera ci dà da pensare. Riusciamo comunque a fare un paio di lunghe passeggiate nei momenti di tregua. Almeno assorbiamo per bene l’atmosfera da fine del mondo che si respira in questo luogo.

Puerto Williams
Erika che si fa forza a stare in piedi

 

Puerto Williams
Passeggiata lungo la costa

 

Puerto Williams
I colori del paesino

Arriva poi il momento di imbarcarsi per il viaggio tanto atteso e cercato: il traghetto di trenta ore attraverso i fiordi della tierra del fuego cilena che ci porterà di nuovo a Punta Arenas. Il primo sguardo alla nave ci fa rimanere di stucco; è veramente piccola. Sembra una di quei traghetti che usano qui per attraversare tratti di mare quando non ci sono ponti, tipo quello che abbiamo usato per lo stretto di Magellano. Ma qui sono 30 ore di nave!!!

Puerto Williams to Punta Arenas Ferry
Ingresso trionfale

Come le passiamo?? Quando saliamo a bordo poi ci tranquillizziamo un po’. Ci sono due piani: di sopra ci sono le poltrone di prima e seconda classe. Sotto la mensa con tavoli e sedie. Al secondo piano sembra di essere dentro un autobus e anche le dimensioni sono quelle. Due fili di doppi sedili e cappelliere al di sopra di esse. La prima classe ovviamente con molto più spazio e con sedili completamente reclinabili. Ci sono poi due terrazzini, uno a prua e uno a poppa, dove potersi sgranchire le gambe. Se siamo resistiti nei viaggi di 24 ore di autobus, qui staremo come re.
Il tempo è buono per gli standard di qui. Un bel sole filtra tra una nuvola bianca ed un’altra, mentre in lontananza sul Beagle Channel, verso Ushuaia, si intravede un fronte di pioggia avvicinarsi. Nonostante sia su un traghetto passeggeri per un attimo mi emoziono come se fossi un marinaio dell’800 che sta per sfidare le acque di queste latitudini così inospitali.

Puerto Williams to Punta Arenas Ferry
Pronti ad affrontare una tempesta capitano?

Lasciamo gli ormeggi quasi in perfetto orario e quasi subito i nuvoloni neri coprono tutto il canale e inizia a piovere forte.

Puerto Williams to Punta Arenas Ferry
Una leggera pioggerella là fuori

Il mare però è calmo e procediamo a tutta forza verso ovest.

Puerto Williams to Punta Arenas Ferry
Adios Puerto Williams!

Io non vedo l’ora di passare di fronte al famoso e iconico faro bianco e rosso di Ushuaia. Ho visto così tante rappresentazioni quando eravamo nel lato argentino che desideravo proprio vederlo.

Puerto Williams to Punta Arenas Ferry
Il faro in lontananza

Fortunatamente, quando ci avviciniamo all’isolotto dove questo sorge, le nuvole se ne vanno con la stessa velocità con la quale sono arrivate. Esce un bel sole e io esco per fare qualche foto. In realtà ne faccio molte più che “qualche” ma solo le ultime, quelle più vicine, sono significative.

Puerto Williams to Punta Arenas Ferry
Finalmente la foto che aspettavo da giorni!

Dopo di questo doppiamo Ushuaia e ci immettiamo nella parte del canale a noi sconosciuta. Le montagne intorno sono selvagge e bellissime. Sembra un fiordo del Nord Europa, o forse è ancora più bello perché più isolato e selvaggio.

Puerto Williams to Punta Arenas Ferry
Si entra tra i fiordi

Dopo qualche ora di navigazione ci infiliamo in un canale laterale senza sbocco.

Puerto Williams to Punta Arenas Ferry
Vista dal traghetto

Ci fermiamo in un piccolo molo a ridosso di uno stazionamento militare cileno e ci chiediamo come facciano a vivere qui delle persone. Crediamo che questa sia la fine della strada che un giorno solcherà la Tierra del Fuego Cilena. Anche questa baia, alla luce della sera, è affascinante.
Nella nostra mappa sul cellulare abbiamo un punto molto importante che ci hanno ripetuto tutte le persone che hanno percorso questa navigazione: il ghiacciaio Italia. È l’unico il cui ghiaccio si estende fino all’acqua ed è uno spettacolo imperdibile dalla nave.
Purtroppo la nave passa di fronte al ghiacciaio verso le 11 di notte ma tutti ci hanno assicurato che si riesce a intravedere la grandiosità della vista. Non ce lo vogliamo perdere per nulla al mondo e così, quando la nave si avvicina al punto, usciamo sfidando il freddo gelido della notte, acuito dal vento creato dal movimento della nave. Non possiamo scattare foto perché la luce non è neanche lontanamente sufficiente a far venire qualcosa di sensato da una piattaforma in movimento come questa. Ma ci stringiamo forte, avvolgendoci anche con una delle coperte fornite per il passaggio, per resistere al freddo e goderci il panorama.
Dopo è veramente ora di andare a dormire e, dopo qualche scaramuccia con la signora seduta dietro di me, soprannominata “piè di caciotta” per il raffinato odore sprigionato dalle sue calzature, riusciamo ad addormentarci.

Il giorno seguente il tempo è di nuovo un continuo alternarsi di pioggia battente e cielo azzurrissimo. Il capitano decide di fare una rotta alternativa tra le miriadi di canali e isolette e passiamo dentro fiordi strettissimi. Paesaggi indescrivibili, perché solo la vastità di un ambiente così remoto è già di per sé affascinante.

Puerto Williams to Punta Arenas Ferry
Il sole ci regala panorami incredibili

 

Puerto Williams to Punta Arenas Ferry
Pasti invidiabili nel traghetto

 

Puerto Williams to Punta Arenas Ferry
Anche Erika si avventura fuori

Erika continua ad avere gli strani sintomi avvertiti a Puerto Williams. Brividi di freddo e spossatezza non la abbandonano. Siamo un po’ preoccupati ma alla fine pensiamo che non possa essere altro che l’influenza che aveva il bambino a Ushuaia.
Arriviamo a Punta Arenas che è buio inoltrato. Chiamiamo un Uber che ci porta nell’ostello che abbiamo prenotato per la notte.

Il mattino seguente prendiamo il primo di due autobus per un viaggio che durerà 30 ore. Alla frontiera tra Cile e Argentina leggiamo qualcosa che non vorremmo leggere: un virus proveniente dai topi è considerato molto pericoloso dalle autorità argentine e chiunque abbia sintomi come febbre, brividi, spossatezza e vomito dovrebbe recarsi subito in ospedale.
Tralasciando l’inutilità di simili poster in giro per il paese dato che questi sintomi nel 99% dei casi sono dovuti ad una semplice influenza, noi ci iniziamo a preoccupare non poco. Il fatto che il mio amore non abbia né febbre né vomito ci rassicura un po’ ma comunque Erika vuole andare al pronto soccorso. Inizia una ricerca frenetica su internet. Troviamo che ci sono stati tipo 30 morti in tutta l’Argentina nell’ultimo anno...non proprio un’epidemia incontrollabile. Però leggiamo anche che se qualcuno va in ospedale dicendo che ha paura di aver contratto il virus, lo tengono in osservazione 24 ore. Oggi è il 23 Dicembre e arriveremo a Puerto Madryn il 24. Questo significa passare il Natale in ospedale. Decidiamo che forse aspettiamo il 26, ovviamente monitorando ogni minimo eventuale peggioramento dei sintomi. Abbiamo poi sempre il dubbio che sia in qualche modo legato all’antibiotico.
Il viaggio si rivela lunghissimo e tosto come era facile prevedere. Tuttavia arriviamo abbastanza in orario. Ora non ci resta che festeggiare il Natale in questa anonima località di mare. Vogliamo solo riposarci e vivere l’atmosfera di casa per un po’!!!

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