Esfahan: "we are a family now"

29 Gennaio - 01 Febbraio 2016

Abbiamo appuntamento con Rasool e Nasibe al terminal degli autobus. Ci hanno offerto ospitalità per 2 giorni tramite couchsurfing. Siamo un po’ diffidenti: cosa può spingere qualcuno a darti ospitalità senza ricevere nulla in cambio? Purtroppo il nostro metro di giudizio all’occidentale ci fa nascere questi dubbi. Comunque non ci facciamo scoraggiare e decidiamo di viverci fino in fondo questa avventura. Dopo poco i nostri dubbi vengono fugati. Già all’arrivo ci portano dell’ottimo pane con feta, pomodori e cetrioli (da loro denominata “bread with flag” per la somiglianza degli ingredienti con i colori della loro bandiera) per rifocillarci e appena a casa ci dicono di rilassarci nella nostra stanza privata con bagno.

 

Rasool e Nasibe a Esfahan
Rasool e Nasibe

Poco prima di pranzo ci accompagnano a conoscere la nonna, una simpatica vecchietta tutto pepe che ci offre una zuppa deliziosa. Ma quello non era il pranzo! Nonostante fossero le 2 ancora di mangiare non si pensava. Prima ci hanno portato nella loro casa, piena di tappeti e con un braciere coperto da un piumone dove si stava caldissimi!! Poi ci siamo spostati in casa della madre dove si faceva conversazione allegramente (tutta la famiglia era riunita essendo venerdì) e tutti ci chiedevano di noi. Finalmente verso le 3 si apparecchia sul tappeto e iniziamo a mangiare. Oltre alla buonissima “vellutata di melanzane” ognuno aveva un cestino con all’interno vari tipi di erbette fresche non condite, che potevano essere mangiate come accompagnamento al pasto principale. Non sapendole riconoscere ogni volta era una sorpresa il tipo di gusto che queste regalavano al boccone. Fino a che non ho addentato il cipollotto fresco, ho fatto uno starnuto fortissimo e tutti si sono messi a ridere. Almeno si è rotto un po’ il ghiaccio!

Il pomeriggio Rasool e Nasibe ci portano a Esfahan che come si dice qui è “metà del mondo” (infatti la piazza principale si chiama proprio Nasq-e Jahan “metà del mondo”). Ci portano a fare una bella passeggiata lungo il fiume e vediamo così i famosi ponti di questa città.

Pol-e Si-o-Seh Esfahan
Pol-e Si-o-Seh

I cantanti e musicisti di qui vengono ad esercitarsi sotto gli archi che regalano echi e sonorità particolarissimi. Sull’ultimo ponte, Pol-e-khaju, ci sono anche 3 segreti! Il primo è la possibilità di parlare sussurrandosi da una parte all’altra di un arco, il secondo è il formarsi di una sagoma di una candela guardando gli archi da una prospettiva molto angolata e l’ultimo è il veder luccicare gli occhi dei leoni di pietra ai lati del ponte dalla sponda opposta.

Pol-e Chubi Esfahan
Pol-e Chubi

Ma oltre a questi e altri mille aneddoti la bellezza è stata passeggiare con questi nuovi due amici e ridere e scherzare come se ci si conoscesse da anni.

A cena ci invitano a casa dello zio in pieno centro. Anche qui alle 8 si pensa ancora solo a fare conversazione. Si mangia dolce, frutta e si parla tanto. Ho visto raramente una famiglia parlarsi tanto quando si incontra. Ci coinvolgono spesso nei discorsi e alla fine ci invitano anche a giocare a carte e ci divertiamo un mondo. Finalmente alle 22e30 si mangia, e appena finito tutti si preparano ed escono. Praticamente al contrario dell’Italia qui il pasto è il termine dell’incontro!
Il giorno seguente di buon mattino andiamo subito a visitare il centro di Esfahan. La Jameh Mosque si rivela la più interessante dal punto di vista culturale. Infatti qui sono racchiusi tanti stili diversi e sono messi a confronto in uno spazio molto ristretto. Particolarmente suggestiva è la cupola a Nord che si scopre all’improvviso dopo aver attraversato come una foresta di colonne fittissime, tra l’altro sembra che sia geometricamente perfetta e grazie a questo è sopravvissuta a numerosi terremoti.

Jameh Mosque Esfahan
Jameh Mosque

Visitiamo velocemente il bazar, non notando particolari differenze con quelli visti fino ad ora in tutte le città iraniane e ci tuffiamo nello splendore che è Nasq-e Jahan Square. Girando l’angolo che immette nella piazza si rimane senza fiato dallo splendore, sembra veramente di essere trasportati in una fiaba da mille e una notte. La piazza è imponente e sullo sfondo, coperta da un po’ di foschia data la lontananza, la magnifica porta blu cobalto e la moschea dello Shah, leggermente ruotata per essere in linea con la mecca, sono protagoniste della scena. Ai lati, da una parte un'altra cupola senza minareti e dall’altro un antico palazzo in legno completano la visione. Sul finire del giorno le fontane vengono accese aggiungendo un po’ di magia alla notte, se mai ce ne fosse bisogno.

Shah Mosque Esfahan
Shah Mosque

Entriamo a visitare la Moschea dello Shah (o dell’Imam ora) e ci sentiamo piccolissimi di fronte a questi giganti blu. Qui oltre all’onnipresente colore del cielo, si fa ampio uso anche del giallo, cosa non usuale nelle altre moschee. Il gioco di colori che ne risulta è molto suggestivo. Ah non oso immaginare cosa sia visitare questa moschea in alta stagione visto che noi quasi non riuscivamo a parlare da quanti battiti di mani e urla si sentivano per fare la prova dell’eco…e c’erano soltanto un paio di scolaresche.
Torniamo a casa di Rasool dove ci aspetta un’altra cena in famiglia! Qui sembra sempre festa e noi ci sentiamo sempre di più a casa!
Il giorno seguente decidiamo di prendercela con calma e visitiamo prima il palazzo Chenel Sotun immerso in un bellissimo giardino persiano. Il nome significa 40 colonne ma 20 sono le colonne reali e 20 quelle riflesse nella grande fontana di fronte al palazzo. Il “40” nella cultura iraniana è il numero della completezza, come ci spiega Rasool.
Per pranzo ci godiamo i prati della Nasq-e Jahan, sotto un sole che scalda il corpo e lo spirito con dell’ottimo pane appena preso dal fornaio, del formaggio spalmabile e della frutta. Ci scrocchiamo anche un sonnellino niente male!!
Visitiamo poi la moschea di Sheikh loftollah he oltre a lasciare a bocca aperta per gli splendidi colori e per la maestosità della cupola, riserva alcune curiosità. Prima fra tutte quella di perdere completamente l’orientamento nel corridoio che porta dentro la moschea. In questo modo l’architetto voleva fare in modo che il credente perdesse contatto con la realtà per avvicinarsi a Dio. Con Erika abbiamo passato buoni 10 minuti a ridere per cercare di capire in che direzione fosse la piazza (il senso dell’orientamento di Erika è famoso in tutto il mondo oramai :P).

Sheikh Lotfollah Esfahan
Sheikh Lotfollah

La sera Rasool e Nasibe ci organizzano una sorpresa con la preparazione (in cui tutti abbiamo collaborato) e la cottura del kebab iraniano sul fuoco insieme ai suoi amici. Nonostante il freddo boia ci divertiamo un mondo e passiamo una serata a ridere e mangiare. Esattamente come se fossimo in Italia.

Preparazione kebab con gli amici di Rasool
Preparazione kebab con gli amici di Rasool

Il giorno seguente decidiamo che è giunta l’ora di riposarci veramente. Nessun orario e nessun programma, con la mente sgombra da qualsiasi pensiero bighelloniamo in casa fino a mezzogiorno. Poi decidiamo di uscire per andare a Esfahan in quel famoso locale dove servono il Bayran (piatto tipico di qui) che ci aveva consigliato Rasool prima e un tassista poi. Rasool però ci avverte che potrebbe essere tardi e che il locale, per quando saremmo arrivati sarebbe stato chiuso. Quindi in quattro e quattrotto organizza un pranzo a casa con il Bayran comprato a Najafabad. Impagabile! Nel pomeriggio ci accompagna a conoscere Najafabad, che di solito è lontana dagli itinerari turistici ma che, con una persona del posto appassionata di tradizione locale, riserva sorprese a non finire.
A partire dalle case tradizionali: qui a Najafabad c’è la ricostruzione di una casa tradizionale come tante ne abbiamo viste in città più famose, solo che qua, invece di essere completamente spoglia, nelle stanze vengono riprodotte scene di vita con utensili originali molto suggestive. Poi con il racconto di Rasool tutto prende vita. Dopo questa visita ci porta nel Bazar di Najafabad. Il bazar di per se non ha niente di speciale ma anche qui, con un’ottima guida, si possono scoprire delle ricchezze. I prodotti per cui questa piccola città è famosa in Iran sono le scarpe tradizionali, i coltelli e i cappelli tradizionali. Per ognuno di questi Rasool ci porta nei negozi più antichi del bazar, che sono anche i laboratori di questi fantastici artigiani, e per questo sono i meno curati nell’aspetto e nella “presentazione del prodotto”. Ma vedere all’opera questi mastri è come veder dipingere Raffaello. Per fare un paio di scarpe ci vogliono 2 giorni di lavoro e tutto è fatto a mano, dalla suola alla parte superiore. Per fare un cappello sono necessarie più di 300 lavorazioni successive e si rimane estasiati dalla padronanza dei movimenti di questi uomini. Un pensiero va a tutti i nostri prodotti che ora vengono fatti in catena di montaggio, tutti perfetti e tutti uguali, e sono quindi privi di quell’anima di cui mi parla Rasool e che ora comprendo. Ma il pezzo forte arriva, per me, con i coltelli. Entriamo in questo laboratorio minuscolo dove questo artigiano sedeva a gambe incrociate e lavorava con una dignità e una fierezza che può avere solo chi è padrone di quello che sta facendo. I suoi attrezzi (nella fase che stava svolgendo in quel momento) erano un piccolo martello e un trapano manuale (!!). Come banchi di lavoro aveva un piccolissimo ceppo di legno e una incudine. Vedere come nei suoi pochi, misurati e precisi gesti si creasse piano piano la forma di un coltello (ancora abbozzata perché anche per un coltello sono necessari centinaia di lavorazioni) è stata un emozione.

Artigiano a Najafabad
Artigiano a Najafabad

Vedendo nei miei occhi l’ammirazione l’uomo, di nome, Hemet, inizia a tirare fuori prima l’album di foto delle sue creazioni e poi i pochi, pochissimi coltelli che aveva pronti nel suo negozio (probabilmente il suo lavoro era più quello di produrli che di venderli). Infine mi fa anche vedere quello che si è costruito per lui personalmente: un bellissimo coltello chiudibile con lavorazioni decisamente più preziose degli altri. Chiedo il Rasool il prezzo di un coltello del tipo di quello dell’artigiano e lui mi traduce che per quei coltelli ci vogliono 2500000rial (circa 50€). Erano tanti soldi per un “souvenir” e mi dispiaceva un mondo spendere così tanto per un mio vezzo. Ma Erika anche in questo si è rivelata una compagna insostituibile: vedendo come mi brillavano gli occhi mi ha dato tutto il suo appoggio per questa spesa pazza. Io continuavo a rigirarmi nella mano il coltello personale di Hemet e mi sono deciso quindi a dire a Rasool che ne volevo comperare uno. Quando Hemet ha capito che volevo comperare uno dei suoi coltelli (evidentemente prima pensava solo che stessi chiedendo informazioni) è rimasto stupito e si è messo a pensare intensamente. Io ovviamente intendevo che mi sarebbe piaciuto un coltello DEL TIPO di quello che aveva in tasca l’artigiano; non proprio QUELLO, che si vedeva essere stato costruito con una cura maniacale, per uso strettamente personale. Dopo qualche minuto Hemet smette di pensare e mi dice che vuole darmi il SUO coltello perché si vede che sono un appassionato e soprattutto sono l’ospite. Il prezzo addirittura scende a 1500000. Stavolta sono stato io a rimanere senza parole; avrebbe potuto tirare su il prezzo quanto voleva e invece lo ha abbassato quasi alla metà immediatamente. Ovviamente sono stato felicissimo di dargli quel che chiedeva e il patto è stato suggellato da una vigorosa stretta di mano. Un momento che difficilmente dimenticherò. Siamo poi rimasti li un’altra mezz’ora nella quale mi ha anche insegnato come affilarlo con un piattino di ceramica. Pazzesco.
La sera cuciniamo noi la pasta per tutta la famiglia di Rasool: circa 12 persone. Il sugo viene buonissimo ma non facciamo i conti con la scarsissima qualità della pasta che vendono qui in Iran: dopo 2 minuti diviene molto scotta; nessuno ci fa caso più di tanto visto che qui la mangiano sempre così, ma noi avremmo voluto fargli provare il vero sapore della pasta. Ah tra l’altro la riempiono anche di ketchup e maionese… della serie real italian food.

Preparazione della pasta con Nasibe
Preparazione della pasta con Nasibe

La sera Rasool e Nasibe ci accompagnano alla stazione degli autobus. Il groppo in gola inizia a farsi sentire già appena saliti in auto, ma al saluto finale diventa quasi insopportabile. Il pensiero di quello che in questi giorni abbiamo vissuto è vivo nelle nostre menti e la sensazione che anche a migliaia di km da casa, con persone che fino a poco prima erano degli sconosciuti, ci si possa sentire parte di una famiglia è qualcosa di potentissimo, di dirompente, che mai pensavo si potesse provare. Quando l’autobus parte sentiamo una tristezza addosso paragonabile a quella provata all’aeroporto di fiumicino alla partenza dall’Italia. Ci sentiamo di nuovo soli. Poi ci arriva un sms: “buona fortuna per tutto e…guardate fuori dal finestrino!!”…e ci sono loro che ci stanno seguendo con la loro auto e che ci salutano strombazzando con il clacson. A quel punto le lacrime sono iniziate a scendere senza possibilità di fermarle.

 

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