Mumbai - L'ultima avventura

20 – 21 Ottobre 2016

La semplicità non è mai stata l’obiettivo di questo viaggio, ogni volta che abbiamo potuto complicarci la vita, non abbiamo perso occasione. Come poter mancare a questo appuntamento nell’ultima tappa? Ed ecco, allora, che ci ritroviamo ad aver preso un treno che ha come destinazione una stazione nella periferia di Mumbai, dalla quale dobbiamo prendere un altro treno verso il centro. Un treno, verso il centro, al mattino, a Mumbai…un suicidio, dicono!

 

Indian trains
Il comfort dei treni indiani

Quando scendiamo, non vediamo nessuna indicazione verso i treni metropolitani. Chiediamo, ma ovviamente non riusciamo ad ottenere niente di diverso da quello che ci aspettavamo: non esistono da qui treni che vanno in città. Grazie dell’informazione, ma se credi che salirò sul tuo taxi ti sbagli di grosso. Ci affidiamo ancora un po’ ai nostri potenti mezzi, Google Maps, cartine, e alla fine lo troviamo‼ Ci mettiamo in fila per fare il biglietto. A Mumbai i treni metropolitani sono divisi in prima e seconda classe, se vuoi stare tranquillo e non vuoi essere assalito dall’umanità prendi la prima classe. Noi chiediamo quello di seconda, con stupore del bigliettaio. Che ci vuoi fare, siamo masochisti‼
Troviamo il binario, ma non riusciamo a capire se il treno successivo va nella nostra direzione, chiediamo a qualcuno dentro al treno e ci dicono di si. Ora, non so se siamo noi moltissimo fortunati o se oggi è una giornata particolare, ma di calca in questo treno non ce n’è. Riusciamo anche a guadagnare dei posti seduti e ci godiamo la mezzoretta di viaggio. Io le ho viste su internet le foto della folla nei treni di Mumbai e ci credo che sia così la realtà, ma per questa volta sono felice di vivere una realtà un po’ più edulcorata.
Finalmente arriviamo alla famosissima Victoria Station e da qui prendiamo un bus verso il quartiere Colaba.

 Victoria Station Mumbai
Victoria Station

Prima di iniziare la ricerca dell’hotel, ci imbattiamo nel celebre Leopold Cafè, che tante volte ho immaginato mentre leggevo Shantaram. Al mattino, forse, non è il momento migliore per vivere i suoi fasti, o forse non è più nel momento di massimo splendore, ma non potevamo non fermarci. Ci sediamo per fare una costosissima colazione e poi iniziamo per l’ultima volta la ricerca di una stanza decente in cui fermarci.
Ci imbattiamo di nuovo con una grande città, che si traduce in “non troveremo mai qualcosa di decente a prezzi ragionevoli”. Vediamo un bel po’ di hotel, in cui torneremo proprio quando saremo senza speranze. Nelle strade un po’ più interne riusciamo a trovare qualcosa di decente, ma in realtà semplicemente ci accontentiamo, estenuati dalla ricerca.
Ci buttiamo un attimo sul letto per riposare, non abbiamo dormito benissimo in treno stanotte, e in un battibaleno è ora di pranzo. Ci fermiamo in un locale che sembra carino e ordiniamo qualcosa di veloce, per poi dirigerci verso il Gateway of India. Per andarci passiamo davanti al Taj Hotel, lussuosissimo e inarrivabile, o almeno per noi adesso, ma ci facciamo due conti e se avessimo uno stipendio, penso che riusciremmo a trovare una stanza a prezzi medi europei.

Gateway of India
Le porte dell’India

Ci soffermiamo un po’ sulla piazza del Gateway of India, una porta fatta costruire nei primi decenni del 1900 in occasione di una visita del re britannico in India. Diciamo che non ne rimaniamo estasiati, ma ci godiamo un po’ la vista del Mar Arabico, su cui il monumento si affaccia.

Gateway of India
Una chiacchierata davanti alle porte dell’India

Mumbai non ci attrae molto dal punto di vista turistico, diciamo anche che non ne abbiamo così tanta voglia di girare a fondo la città, né tantomeno di fare il tour negli slum, che personalmente trovo di poco gusto. Per passare il tempo, ci spingiamo a piedi verso la Victoria Station, per fare due foto. Per arrivarci attraversiamo un parchetto molto carino e delle strade in cui sembra abbia sede un mercato. Ne approfittiamo per comprare un rotolo di carta trasparente per alimenti con cui imballeremo i nostri bagagli in stiva (per risparmiare sugli imballaggi fatti in aeroporto‼).
Ci fermiamo poi in una bettola, attratti dalla pubblicità di un ginger lemon fresco che sembra dissetante, in realtà ci presentano una bevanda in cui lo zucchero fa da padrone e tutt’altro che dissetante‼
L’umore non è dei migliori oggi, sarà l’imminente partenza, sarà la noia, e non riusciamo a goderci la città. Dalla Victoria Station torniamo indietro a piedi verso l’hotel e ci riposiamo in stanza fino a ora di cena.
Scegliamo come ristorante un locale afghano, ma che di afghano non ha nulla e finiamo col prendere il solito Dal e Chapati. Prima di rientrare in stanza ci facciamo una passeggiata prima nella strada che costeggia il mare, e poi in qualche strada più interna. Nei quartieri c’è vita e noi ci godiamo questa ultima esplosione di colori, suoni e odori che tanto abbiamo detestato e che con altrettanta forza abbiamo amato.
L’ultima notte! Oggi ho passato tutta la giornata a descrivere ogni minima azione precedendola con la parola “ultimo/a”. L’ultimo autobus, l’ultima volta che metto il Punjabi Dress, l’ultimo Dal…e di certo sottolineare ogni secondo che siamo alla fine non sta aiutando il distacco, ma sono fatta così! L’ultima buonanotte!
Ci svegliamo al mattino consci che saremmo restati volentieri altro tempo in giro e in particolare in India, ma che è ora di tornare. Ben presto un’altra avventura ci porterà lontano ed è giusto tornare per un po’ a coccolare le nostre famiglie che ci hanno sostenuto molto.
Oggi non abbiamo in programma niente in particolare, solo lasciarci scorrere addosso queste ultime ore per prepararci al grande Addio. Siccome passeremo la notte in aeroporto, al mattino sfruttiamo la stanza d’albergo fino all’orario di check out (mezzogiorno). Nel frattempo ci viene offerta la colazione (su cui è meglio non soffermarsi), facciamo una doccia e iniziamo ad impacchettare tutto per l’ultima volta. Ci chiediamo quanto ci mancherà questa routine di rifare gli zaini ogni 2-3 giorni, alla fine è diventato un gesto rassicurante che in qualche modo ci faceva sentire a casa.
Alle 12 lasciamo la stanza e lasciamo gli zaini alla reception, li verremo a prendere più tardi, quando sarà ora di andare in aeroporto. Adesso, invece ci andiamo a fare un’ultima passeggiata, in particolare vogliamo tornare su quelle strade in cui ieri abbiamo incontrato il mercato, in quanto vorremmo comprare del ginger fresco per far provare ai nostri genitori la nostra bevanda preferita: ginger, lemon, honey. Prima di andare, però, non posso non mancare ad un altro ultimo appuntamento: l’ultimo chai nelle bancarelle per strada. Un’abitudine anche questa che ci mancherà…ma abbiamo comprato la miscela di tè e masala per provare a farlo anche a casa.
Giriamo un po’ tra le bancarelle e alla fine troviamo il ginger che ci soddisfa e ne facciamo una scorta. Mentre torniamo indietro verso Colaba, veniamo attratti da un locale che serve pav bhaji, una specialità del Maharashtra di cui ci aveva parlato la famiglia indiana incontrata nel treno tra Mysore e Hampi. Non possiamo partire senza averlo provato! Come spesso abbiamo spiegato in precedenza, purtroppo in India abbiamo dovuto abbandonare il piacere di mangiare nei baracchini più alla buona per preservare la nostra salute intestinale; questo è uno dei locali in cui avremmo rinunciato ad andare, ma oggi è l’ultimo giorno e anche se ci sentissimo male, da domani saremo a casa. E allora chiudiamo in bellezza e ritorniamo alle care vecchie abitudini che ci hanno fatto sempre pensare di essere veri viaggiatori.
Ci sediamo sotto gli sguardi del proprietario e degli altri avventori del locale, capiamo subito che di gente come noi non ne vedono tanta in questo posto. Ordiniamo quindi un pav bhaji e una mathi paratha da dividere e ci godiamo tutto, fino all’ultima goccia di “sugna” (i piatti indiani sono belli carichi di grassi, per quanto di base vegetariani). L’unica cosa a cui non cediamo è l’acqua del rubinetto, non esageriamo!!
Soddisfatti ci incamminiamo verso l’hotel, con molta calma, ancora è prestissimo. Nel percorso ci facciamo tentare dall’ultima “ultima volta”: ci fermiamo in un locale e ci godiamo il famosissimo e gustosissimo lassi indiano. E così abbiamo degnamente salutato l’India attraverso una delle sue tante peculiarità: la cucina!

Lassi
L’ultima prelibatezza indiana

Prima di rientrare ci sediamo un’oretta in un parco perché non sappiamo cos’altro fare per far passare il tempo. Ormai quello che è fatto è fatto, non c’è più tempo per esperienze spettacolari o piccole scoperte, ormai ci possiamo solo portare dietro quello che abbiamo costruito e accumulato in questi 9 mesi!

Park in Mumbai
Ritornare bambini…

 

Park in Mumbai
...e non voler smettere!

Lentamente andiamo a prendere gli zaini e decidiamo di incamminarci verso l’aeroporto, visto che tanto dobbiamo aspettare, aspetteremo direttamente là. Ovviamente per arrivarci abbiamo scelto anche oggi, per l’ultima volta, di non affidarci al taxi, bensì di farci la traversata con i mezzi pubblici: ecco un altro modo per chiudere in bellezza, onorando il nostro stile di viaggio fino all’ultimo momento.
Allora ci carichiamo i nostri 30 kg a testa (li abbiamo pesati da uno dei tanti vecchietti che vivono per strada e che invece di chiedere solo l’elemosina, mettono a disposizione un servizio: la bilancia) e iniziamo l’ultima avventura, che si declina così: dobbiamo prima prendere l’autobus da Colaba a Victoria Station, da lì trovare un treno per Andheri, la fermata più vicina all’aeroporto, e infine trovare un autobus per le partenze internazionali.
Già col primo autobus facciamo fatica, perché non riusciamo a beccare la fermata giusta e mettiamoci anche che i numeri sono scritti in Marathi, il dialetto di questa regione. Ci facciamo aiutare da una ragazza. Una è andata. Dalla stazione troviamo subito il treno per Andheri, sempre seconda classe. Nella frenesia del momento non riusciamo a beccare il vagone “normale”, ma quello “merci”, ossia quello dedicato a persone che portano con sé una grande quantità di merci. E facciamo anche l’esperienza di salire in corsa, che con gli zaini di 30 kg che ti trascinano indietro non è consigliabile! Alla fine il fatto di aver sbagliato vagone ci salva in un modo inaspettato: avendo preso il treno al capolinea riusciamo a sederci nei pochi sedili disponibili e ci rifugiamo in questo piccolo spazio conquistato, mentre ad ogni stazione vediamo salire orde di gente piena di roba che fa a botte per entrare con quelli che stanno uscendo. Ecco quello che volevo vedere, i famosi treni da delirio di Mumbai!
Da qui possiamo goderci anche lo spettacolo dei più virtuosi che si ciondolano dalle porte del treno tenendosi alle inferriate mentre il mezzo è in corsa, e alla fine non è che lo fanno perché dentro non c’è posto, si vede proprio che si divertono: ad ogni stazione scendono in corsa, per poi risalire mentre il treno è in partenza per riprendere la loro posizione ciondolante, meglio di una giostra!!

Train in Mumbai
Divertirsi in treno (o fuori dal treno!)

Nel tragitto attraversiamo anche i famosi slum che popolano la periferia di Mumbai. Vediamo baracche che si tengono su con niente, bambini che corrono con addosso stracci malmessi e mi vengono in mente le immagini che mi sono costruita nella mente leggendo Shantaram, e le scene del film The millionaire, che abbiamo rivisto nel treno per Mumbai. Mi perdo in queste immagini e nei pensieri che a fatica riesco a costruire: è difficile farsi un’idea e avere un’opinione di un mondo così diverso, di una realtà così lontana. Ma in fondo a tutti i pensieri, e aldilà del nodo alla gola nel vedere così tanta povertà e disagio, c’è una luce che mi dice che probabilmente loro sono più felici.

Mentre macinavamo chilometri e le centinaia di persone negli slum diventavano migliaia, e poi decine di migliaia, cominciai a fremere. Mi vergognavo della mia salute e del denaro che avevo in tasca. Il primo contatto con i derelitti della terra può scatenare un senso di colpa lacerante. […] Poi dalle braci della vergona e della colpa divampò la rabbia, e l’ingiustizia scatenò un furore che mi fece serrare i pugni. “Che razza di governo”, pensai, “che razza di sistema può tollerare una sofferenza simile?”. […] Gli slum continuavano, e la loro onnipresenza fini per consumare la mia pietà da straniero. Fui colto da una specie di meraviglia. Cominciai a guardare oltre la vastità degli slum, e a vedere la gente che li popolava. […] Dovunque guardassi c’era gente che sorrideva o rideva.

Gregory David Robert, “Shantaram”, 2003


E così arriviamo anche alla fine di questo percorso in treno. Ci prepariamo per tempo a scendere, da quello che abbiamo visto nelle altre stazioni, chi scende deve fare i conti con la folla che vuole entrare e che non ha nessuna intenzione di aspettare. In questa operazione dobbiamo essere velocissimi e purtroppo partiamo svantaggiati perché siamo relegati in un angolino remoto del vagone. Alla fine, con qualche spinta e un po’ di ignoranza, ce la facciamo.
La traversata sta volgendo al termine, ora dobbiamo solo trovare l’ultimo autobus. Anche stavolta non è facile, ma dopo aver chiesto ad un po’ di persone riusciamo a prendere quello giusto, che ci porta al parcheggio delle partenze internazionali. Ce l’abbiamo fatta, un’ultima volta. Siamo fieri!
This is the last stop‼ Siamo arrivati alla fine, tutto ha una fine e forse è questo che rende speciale qualsiasi cosa. Siamo pronti? Non più di quanto lo eravamo alla partenza. Ogni cambiamento sconvolge. Per 9 mesi viaggiare è stata la nostra routine, ci siamo abituati a dei gesti o delle abitudini che sono diventati normali e anche confortevoli, gesti in cui abbiamo identificato tutte le nostre sicurezze. Da domani non ci saranno più, non avremo bisogno di studiare una guida per trovare il punto della città in cui si trovano hotel economici, non dovremo rifare lo zaino ogni 2 giorni, non dovremo trovare i mezzi di trasporto necessari per spostarci o passare delle notti in treno. Se da una parte questo ci farà tirare un sospiro di sollievo, dall’altra ci spaventa ricominciare da zero, senza le nostre piccole sicurezze guadagnate con tanta fatica. E poi…poi c’è l’Australia, che diventerà ancora più reale d’ora in poi.
Ci chiudiamo in questi pensieri per un po’, ma fortunatamente uno dei tanti intoppi ci distoglie e ci fa tornare alla realtà. Quando arriviamo all’ingresso delle partenze veniamo con malo modo rimandati indietro pechè il nostro volo parte alle 5 del mattino e adesso sono solo le 19 del giorno precedente. Ci dicono che non possiamo entrare prima di mezzanotte. Che cosa?? E che cavolo facciamo nel piazzale di un aeroporto? Ci guardiamo intorno e c’è solo un Burger King, nessuna panchina, nessuna area che sembra essere comoda abbastanza per passare queste lunghissime ore. In più dobbiamo disfare i nostri zaini e preparare i bagagli da stiva e contavamo di farlo comodamente dall’interno. Come al solito, mi arrabbio‼
Decidiamo di provare alla porta successiva, ma anche qui un ufficiale, un tantino più simpatico dell’altro, ci manda via spiegandoci le motivazioni. Dai, facciamo un ultimo tentativo più avanti e poi al limite ci piazziamo al Burger King. Questa volta becchiamo un ragazzo, molto gentile che si impietosisce e ci fa segretamente entrare; ci intima però di non uscire mai più fuori perché altrimenti gli facciamo passare dei guai. Una volta entrati ci accorgiamo di non essere in un aeroporto qualunque, ci aspettavamo milioni di negozi e bar su cui passare il tempo, invece non c’è assolutamente nulla, un paio di baretti e delle sedie davanti ai banchi per il check in, nessun divanetto su cui sbracarsi, niente di niente. E improvvisamente ci sentiamo in trappola, guardie ovunque che controllano che tutti siano composti sulle proprie sedie, non ci si può svaccare per terra, non ci può attirare l’attenzione e non possiamo scegliere dove andare a mangiare. Forse, alla fine, il Burger King del piazzale non era così male!
Ci calmiamo e iniziamo a smistare la nostra roba nei due borsoni, è incredibile quanto siamo riusciti ad accumulare e, una volta riempiti, ci sembra assurdo che tutta questa roba stesse in due zaini (e che ce la portavamo tutta sulle spalle‼). Sul tardi andiamo a mangiare qualcosa nell’unico posto che sembra avere del cibo e cerchiamo di rimanerci il più possibile visto che hanno dei comodi divanetti.
Ci annoiamo, ci annoiamo a morte, non possiamo stenderci a farci qualche ora di sonno, non possiamo distrarci con i negozi e non abbiamo neanche tanta voglia di chiacchierare. Siamo soli con i nostri pensieri e anche quelli, con la stanchezza e il sonno, iniziano a diradarsi. Per spezzare la nottata ci prendiamo un chai, che non ha niente a che vedere con il vero chai delle bancarelle, però viene servito su delle ceramichine che piacciono tanto al mio amore!
Lentamente, molto lentamente, le ore passano. Appena apre il check in ci dirigiamo al bancone e poi ai controlli di sicurezza. Dopodichè riceviamo l’ultimo stampino sul passaporto che segna la data di uscita dall’India. È proprio finita adesso, vorrei tornare indietro e completare quello che abbiamo fatto. Vorrei tornare indietro per vivere di nuovo tutti quei giorni in cui, dalla troppa stanchezza, non avevo voglia di fare niente e siamo rimasti chiusi in hotel. Vorrei tornare indietro e dire a me stessa che quella giornata non me l’avrebbe portata indietro nessuno e che è un privilegio vivere questa avventura. Quando le cose finiscono, quelle importanti, sembra sempre che ti manchi ancora qualcosa per perfezionarle, per completarle e si rischia di fissare il pensiero su quelle poche cose che non si sono fatte piuttosto che sull’immensità di quello che abbiamo portato avanti giorno dopo giorno. Ma questa sensazione è inevitabile e, in qualche modo, fa parte del gioco!
È ora. Saliamo in aereo, quello che ci riporterà alla “normalità”, ma noi indossiamo ancora i nostri vestiti etnici che ci ricordano da dove stiamo arrivando e che ci distingueranno da tutti gli altri passeggeri che scenderanno a destinazione.
In aereo cadiamo in un sonno profondo da cui resuscitiamo solo quando vengono serviti i pasti, non sia mai che ci perdiamo del cibo gratuito. Dopo 5 ore arriviamo ad Istanbul. Istanbul, dove tutto è iniziato 9 mesi e 7 giorni fa. Abbiamo chiuso un cerchio, un cerchio lungo 50.000 km.

Flight
La fine…e un nuovo inizio