Amritsar - Il sacro e il profano

25 - 27 Agosto 2016

È finalmente arrivato il momento di lasciare Delhi per andare a scoprire nuove destinazioni di quest’India che ancora non ci ha fatto innamorare. La mia intossicazione alimentare sta migliorando: non ho più febbre e mi sento sufficientemente in forze per affrontare un viaggio; anche perché non ho la minima intenzione di passare dentro questa stanza un giorno di più.
Prendiamo il treno delle 7e20 dalla stazione di New Delhi. Neanche stamattina incontriamo i truffatori che chiedono di vedere il biglietto: peccato, ci saremmo fatti volentieri due risate alle loro spalle sapendo dove volevano andare a parare.Dopo la Sleeper Class di qualche giorno fa questa volta ci siamo concessi la carrozza con aria condizionata e colazione inclusa: che lusso! Il viaggio è molto più confortevole e anche i pasti, una piccola frittata e delle polpettine di verdura, sono commestibili. 

Il nostro nuovo piano d’azione per evitare la dissenteria è quello di evitare la carne e le uova per quanto possibile ma stamattina ci fidiamo delle ferrovie indiane… speriamo bene! Per pranzo Erika ha già preparato patate, carote e fagiolini lessi come da dieta del malato; oggi addirittura mi concede un paio di fette di pane per rimettermi in forze. In queste ultime settimane è stata un’infermiera formidabile, mi ha curato il corpo e lo spirito, informandosi per la cura, la dieta da seguire e facendomi riposare il più possibile; e cosa ancora più importante mi è stata vicino nei momenti bui.
Arriviamo ad Amritsar poco dopo le 14 e contrattiamo un tuk tuk per il centro. Dal sedile posteriore del nostro piccolo taxi già vediamo che la storia non è cambiata di molto: la cittadina non ha nulla di bello e di interessante, anzi, l’impressione che ci fa è di un grande scaricaticcio. Il morale, tirato su con non pochi sforzi dopo le malattie, Gorakpur e Delhi, va di nuovo sotto i piedi. Ma dobbiamo essere forti.
Il tuktuk ci lascia a un kilometro dalla piazza del tempio, dice che ci sono i lavori e non può più proseguire: noi pensiamo che sia perché abbiamo contrattato troppo e quindi ce la vuole far pagare ma a noi va benissimo così: ci siamo avvicinati quanto basta e abbiamo pagato il giusto, da qui possiamo camminare. Questa parte della città è veramente tutta un cantiere. Stanno pavimentando tutto e ristrutturando tutti i palazzi; probabilmente tra qualche anno Il centro sarà un piccolo gioiello, una piccola isola incantata per i turisti. Non nascondiamo che in questo momento ci farebbe tanto piacere che questi lavori fossero già finiti. Anche perché così è tutto anche molto peggio. Arriviamo alla piazza bianca del tempio, questa veramente tirata a lucido e pavimentata tutta con marmo bianco, e decidiamo di proseguire: sarebbe infatti stato possibile dormire in alcune stanze del tempio ma visto che dobbiamo rimetterci in forze preferiamo un hotel con caratteristiche un pochino migliori. La ricerca si rivela inspiegabilmente più difficile del previsto dato che le guesthouse raccomandate dalla guida sono tutte complete. Riusciamo comunque a trovare una stanza ad un prezzo decente poco lontano dal centro.
Ci facciamo una doccia calda e ci buttiamo sul letto per un paio d’ore: io sento la stanchezza del non essere al 100% della forma fisica e la ricerca dell’albergo mi ha un po’ sfiancato.
Usciamo nel pomeriggio e andiamo a cercare un posto dove prenderci un the. Anche questo non sembra essere un’impresa facile oggi, ma sarà il mood e l’essere un po’ sensibili all’igiene dopo i recenti fatti. L’unica cosa che riusciamo a combinare è entrare in un ristorante e ordinare solo due chai.

Amritsar family
Tutti ci fermano per far foto

Stiamo li un’oretta poi torniamo in strada che il sole sta quasi tramontando e ci sediamo sulla fontana nella piazza di marmo. La visita vera e propria al tempi o abbiamo deciso di farla domani mattina ma ora sono troppo curioso (e soprattutto vorrei fare qualche foto con questa luce) e decido di andare a dare un’occhiata dentro. Erika mi aspetta, rilassandosi, fuori. Entrando il colpo d’occhio è magnifico, veramente vale la pena venire a visitare questo tempio Sikh.

Amritsar Temple
Il guardiano Sikh

Un enorme specchio d’acqua quadrato riempie quasi tutto lo spazio racchiuso all’interno degli edifici perimetrali, bianchissimi. Al centro, su una piattaforma collegata ad uno dei quattro lati con una lunga passerella coperta, il tempio d’orato risplende di mille rifessi. Faccio il giro di tutto il lago e trovo fin troppe ottime occasione per fare belle foto: qualcuna riesco anche a sfruttarla al meglio (delle mie capacità).

Amritsar Temple
Intere famiglie si ritrovano qui

I più dei fedeli sembrano solo passeggiare in questa oasi di tranquillità che ti catapulta in un'altra dimensione rispetto al caos e alla sporcizia che la fa da padrone al di fuori. Qualcuno si immerge nelle acque sacre di questo tempio attraverso grossi gradoni, come i ghat hindu, per lavarsi il corpo e l’anima.

Amritsar Temple
Il bagno sacro

Molte guardie, altissime e austere, ma gentilissime, stanno a ricordare come questa religione sia l’emblema di un popolo guerriero, perché di confine e quindi abituato a combattere. Come abbiamo visto anche al tempio di Delhi, uno dei precetti di questa religione è quello di avere sempre con se il sacro pugnale; e anche nella preparazione al bagno rituale, quest’arma viene incastrata nel turbante e non lasciata incustodita sulla riva…eh se avessimo fatto lo stesso in Tailandia con i nostri averi adesso avremmo ancora tutto (ma che centra adesso questa riflessione?? Niente ma ancora mi rode).

Amritsar Temple
Un’ultimo sguardo al tempio

Torno da Erika soddisfatto di essere riuscito a scattare le prime foto decenti in terra indiana: voglio essere ottimista, un piccolo spiraglio di luce sembra vedersi. Come ci alziamo per andare a cercare qualcosa per cena un simpatico tipo si avvicina e attacca bottone. Chiacchieriamo per un po’ mentre camminiamo per la via principale e stranamente non sembra avere doppi fini e non ci vuole vendere nulla. Alla fine ci chiede solo una foto insieme e per farlo mi prende la mano. Brividi. Calmo Marco, sai benissimo che qui gli amici maschi si prendono la mano, non è un gran problema, fa parte della cultura. Ancora brividi. Non ti sta facendo nessuna avance è solo il modo di fare tra maschi qui. Ma quanto ce mette Erika a scattà sta foto?!?!?!?Secondo me lo sta facendo apposta! E’ pure sudaticcia la mano!! Finalmente il flash si illumina e io mi divincolo dalla presa. Se ci ripenso ancora mi sento violato.

Amritsar
Il momento di panico

Dopo un esperienza del genere ho bisogno di un sapore di casa…vabbè di casa è un po’ eccessivo, diciamo di pizza…forse anche questo è un po’ eccessivo visto che stiamo parlando di pizza-hut. Ma almeno siamo sufficientemente tranquilli che il cibo sia sicuro. Alla fine la margherita non è tanto peggio delle pizze pronte Buitoni: meglio di un calcio negli stinchi!!
Il giorno successivo è tempo di fare i turisti come si deve quindi per prima cosa andiamo a visitare il tempio. Anche Erika rimane estasiata dalla visita e perdiamo più tempo del necessario fermandoci spesso all’ombra dei piccoli portici che seguono tutto il perimetro del lago.

Amritsar Temple
All’ombra dei portici

 

Amritsar family
Il copricapo è obbligatorio e io mi ingegno così

Andiamo anche al tempio d’orato vero e proprio incanalandoci in una lunga fila di fedeli venuti da ogni parte dell’india a rendere omaggio al proprio Dio. La lunga coda è all’indiana cioè una lotta senza esclusione di colpi per chi arriva prima anche se palesemente il tempio non aveva intenzione di muoversi. Noi ci divertiamo a fare un po’ di esperienza ora che non abbiamo nulla da perdere; qualche vecchietta è proprio pestifera e pur di guadagnare una posizione venderebbe suo figlio al diavolo!!

Amritsar family
Pulizia dell’acqua

Noi stranieri, come tutti, possiamo visitare il tempio in ogni sua parte e possiamo scattare foto ovunque, tranne che nella sala del libro sacro. Io ignoro questa regola e tiro fuori la reflex, scatto una foto e subito una guardia mi fa cenno, gentilmente, di metterla via, con un grande sorriso e una cortesia che mai mi sarei aspettato da un omone in quel modo. E non gli è passato per l’anticamera del cervello di strapparmi la macchina fotografica dalle mani per cancellare le foto, come qualche monaco tibetano fece a suo tempo….della serie predicare bene e razzolare male. A parte ciò la visita è interessantissima con i canti della parte inferiore del tempio e la lettura dell’enorme libro sacro al piano superiore, per finire con la bella vista della terrazza.

Amritsar Temple
Dalla terrazza dorata del tempio

Usciamo e andiamo a pranzo in un fast-food, prima però contrattiamo un taxi collettivo per la frontiera con il Pakistan. Qui infatti ogni giorno si svolge il seguitissimo ammaina bandiera di entrambe le nazioni, con cerimonie di dimostrazioni di forza da parte di entrambi gli schieramenti. Inspiegabilmente a noi occidentali questa manifestazione giornaliera ha un seguito spropositato: migliaia di persone da entrambi i lati cantano canzoni patriottiche e fanno il tifo per il proprio paese. La folla era cosi numerosa che sono stati costretti a costruire ed ampliare gli spalti per contenerla completamente.
Partiamo alle 15 con il taxi e in una quarantina di minuti siamo al confine. La quantità di auto ai parcheggi è impressionante, sembra di essere in una grande fiera domenicale. Ci incamminiamo dandoci appuntamento con il tassista per le 18e30 già prevedendo la possibilità di dover tornare in altro modo dato che i soldi glie li avevamo dati già tutti (e sembravano gran pochi per un’andata e un ritorno). Ma poco ci interessava. Ci incamminiamo verso i grandi cancelli degli uffici doganali assieme a una grande folla: l’atmosfera è quella dei grandi concerti. Bancarelle vendono bandiere indiane di ogni forma e dimensione e giovani ragazzi armati di pennello colorano le guance delle persone di arancione, bianco e verde. C’è chi corre per andare a mettersi in fila e chi con moglie e figli al seguito, cammina più lentamente ma con un bel sorriso stampato in faccia. Noi siamo sempre più increduli che questo rito giornaliero possa richiamare cosi tanta gente.
La fila è pazzesca, lunghissima. Erika ha letto che per gli stranieri c’è un ingresso prioritario e quindi chiediamo ad un poliziotto ed effettivamente questo ci fa saltare tutta la fila e proseguire. Siamo in un enorme viale dritto con pochi alberi ai lati, deserto. E’ caldissimo e il clima è surreale. Ci fermiamo per un primo controllo passaporti e perquisizione. Speriamo non ci mettano il timbro di uscita dall’INDIA!!! Noi per precauzione continuiamo a ripetere ossessivamente che siamo qui per lo show (e non per andare in Pakistan!!!). Ovviamente paure infondate: dopo le 4 questo confine chiude e non sarebbe possibile attraversarlo neanche volendo.
Superato il controllo, mentre continuiamo a camminare sul lungo viale, sentiamo dietro di noi urla e schiamazzi. I militari hanno aperto i cancelli anche per i locali che ora stanno correndo come forsennati per guadagnare i posti migliori. Vengono fermati poco prima dell’ingresso da una nuova sbarra. Anche noi stavolta veniamo invitati dai militari a fermarci ma sedendoci con loro sotto l’ombra di un albero. Ci fanno qualche domanda e ci offrono dell’acqua. Poi dopo poco ci fanno continuare ma un alta pattuglia ci fa fermare per aspettare qualche altro minuto. Altri stranieri arrivano e si accumulano in questa sosta con noi.
Finalmente dopo un’altra perquisizione accurata ci fanno accedere alle gradinate riservate ai visitatori, mentre una moltitudine di indiani già affolla il settore “tifoseria locale”. Il caldo è terribile ma fortunatamente passano anche qui i “bibitari” e “gelatari” con tutto l’occorrente per rinfrescarsi. Dal nulla una voce in hindi annuncia qualcosa da degli altoparlanti e dopo un paio di urla festose della folla inizia a sparare musica a tutto volume. Il pubblico è in deliro: ballano, cantano, saltano, sventolano bandiere.

Amritsar border
Corse patriottiche

Un gruppo di donne scende dagli spalti fino alla strada dove poi si svolgerà la cerimonia e inscena coreografie coinvolgenti! Quasi vorremmo anche noi andare a ballare con loro ma minacciose transenne e un torvo militare ce lo impediscono. Ma già godersi questo momento di pura gioia è una overdose di serenità.

Amritsar border
Gli spalti gremiti

Anche dall’altra parte gli spalti si stanno riempiendo, ma non c’è la moltitudine di persone che c’è di qua. Probabilmente perché è venerdì, quindi giorno sacro per i mussulmani. Quel che non manca di certo neanche ai Pakistani sono le migliaia di Watt di amplificatori con i quali sparano la loro musica (anche se decisamente più sobria). Dopo un’ora di festa pura manco fossimo al concerto di Vasco il 16 luglio a San Siro lo speaker prega tutti di tornare ai propri posti che si inizia lo spettacolo. Viene liberata la stretta strada asfaltata che conduce ai due cancelli che definiscono il confine: uno dal lato indiano e uno dal lato pakistano.
Con l’accompagnamento di una musica militare fanno il loro ingresso i primi soldati, vestiti con l’uniforme delle grandi occasioni e un cappello rosso vistosissimo. Si posizionano a una cinquantina di metri dai cancelli e poi ad uno ad uno si avvicinano con un passo marziale estremizzato all’ennesima potenza: per sbattere il piede il più violentemente possibile a terra lo alzano prima, in spaccata, fin sopra la testa. Ogni gesto viene enfatizzato e sottolineato da un tamburo in sottofondo. Il pubblico ad ogni prodezza del militare di turno va in visibilio e esplode in urla e applausi.

Amritsar border
La parata dei militari

Anche dal lato pachistano fanno lo stesso e diversi soldati, anche loro con l’uniforme da cerimonia, molto simile a quella indiana solo che totalmente nera, si posizionano nei pressi del cancello. Gli ultimi due esponenti di questa piccola guarnigione nei due schieramenti sono quelli che hanno il compito più importante: infatti si avvicinano a passi svelti ai rispettivi cancelli e con un gesto a dir poco plateale spalancano i battenti e si posizionano al centro con aria di sfida.

Amritsar border
Il campo di “battaglia”

Da qui in avanti è tutto un duellare a suon di tacconate sull’asfalto, brutti musi e corse l’uno verso l’altro in un siparietto che, da esterno, ci pare quasi comico. Tutti intorno a noi la vivono invece come una cosa maledettamente seria e tifano come se ci fosse un risultato incerto in ballo. Alla fine con manovre complicatissime, tra cui una gara a chi scioglie per primo il nodo sulla drizza, eseguono il famoso ammainabandiera.

Amritsar border
I volti tesi che sottolineano un momento importante

Dopodiché, una volta che il vessillo nazionale viene portato via e riposto in un luogo sicuro, con un ultimo rullo di tamburi tutto termina e ci si può alzare. Addirittura alcuni militari restano per permettere al pubblico di farsi le foto con i loro beniamini: fantastico.

Amritsar border
La stella dello schieramento indiano

Noi ce la diamo a gambe il più in fretta possibile per sperare di evitare il traffico di rientro verso Amritsar. Riusciamo a ritrovare il punto indicatoci dal tassista e, miracolo dei miracoli, c’è anche lui che ci attende!! Saliamo sul piccolo van, attendiamo gli altri clienti una buona mezz’ora (maledetti loro) e poi riprendiamo la strada di casa.

Amritsar border
Il nostro passaggio per la città

Appena rientriamo nelle vie di Amritsar il traffico diventa folle e rimaniamo imbottigliati in un ingorgo dal quale non sembra ci sia via di fuga. Con Erika adocchiamo un ristorantino indiano che ci convince e chiediamo quindi al tassista di farci scendere qui. Mangiamo discretamente e poi ci facciamo la strada a piedi fino al nostro hotel chiacchierando amabilmente.
Il giorno seguente piove quindi non possiamo raggiungere la stazione degli autobus a piedi; contrattiamo quindi un tuk-tuk e ci facciamo portare là. Ci lascia in una stradina laterale a 50 metri dall’ingresso dell’autostazione: va bene che sarà mai, possiamo andare a piedi. Poi invece ci accorgiamo che non è così facile: la via davanti a noi è completamente allagata da 20 centimetri d’acqua. Ci giriamo ma il tuk-tuk è già sparito. E ora come facciamo?? Fortunatamente il traffico è molto intenso e quindi capita spesso che tutto si blocchi per qualche minuto di tanto in tanto. Studiata un po’ la situazione, durante uno di questi blocchi saltiamo al volo su un autobus che sta arrivando in quel momento. Questo entra in autostazione e ci salva da un bagnetto non previsto; peccato che il controllore come ci vede si avventa verso di noi chiedendoci i soldi del biglietto fortunatamente tutti intorno a noi testimoniano che abbiamo solo attraversato la strada perché era allagata: lui allora ci fa andare.
Troviamo il bus governativo per Dharamsala e mancando quasi un’ora alla partenza non c’è nessuno. Un vecchietto con una uniforme ci raggiunge e pensando fosse il controllore gli affido i bagagli; questo sale e vuole infilare gli zaini sotto i sedili in un pavimento completamente allagato. Al che lo blocco subito mi faccio ridare lo zaino di Erika e lo posiziono sulla bagagliera come mi pare. Faccio cosi anche con il mio. Nonostante ciò il simpatico ometto, che ho finalmente capito essere un portantino, mi viene vicino chiedendomi i soldi per una prestazione che non ha palesemente svolto. Ma oggi mi sento magnanimo e gli do 10 rupie. Lui ne vuole altre 10 per lo zaino di Erika. Mi sento improvvisamente meno magnanimo e lo mando a cagare, ma lui non mi sembra molto scosso dalla cosa.
Alle 12e30 in punto partiamo verso la prima destinazione montana di questa India; speriamo che lo spirito montanaro attenui un po’ le spigolosità di questa terra che ancora a fatica riusciamo a digerire.

 

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