Yangon - Un fascino inspiegabile

19 - 21 Luglio 2016

Arriviamo alle 5e30 a Mae Sot, città vicino al confine con la Birmania (sappiamo, che si chiama Myanmar, ma Birmania ci piace molto di più) e scendendo dall’autobus già cerchiamo il modo di raggiungere il confine. Una signora birmana ci avvicina e ci offre il suo aiuto; visto che anche lei deve andare, possiamo fare il viaggio insieme. Noi non potremmo chiedere di meglio.
Prendiamo quindi con lei un tuk tuk per il border e una volta lì ci separiamo visto che lei ha molti bagagli e deve aspettare un passaggio. Però ci dice di fermarci appena attraversata la frontiera che può aiutarci a trovare la via per Yangoon. Noi tutta questa proattività nel facilitarci il viaggio non ce la ricordavamo da tantissimo tempo e siamo grati per questo. Già il primo approccio con i birmani, al consolato a Chiang Mai, era stato molto positivo ed anche questo episodio conferma l’idea che ci eravamo fatti.

Gli uffici doganali sono veramente ridotti al minimo. Il confine è un piccolo fiumiciattolo e un ennesimo ponte dell’amicizia permette di attraversarlo. Superate facilmente le formalità dal lato tailandese, ci incamminiamo sul ponte. Già la vista della cittadina oltre confine ci fa capire che stavolta il cambiamento non sarà graduale. Palazzi scrostati, localini modesti con cibo sui banconi, sporcizia e un senso generale di incuria. Dopo un mese nella ricca Tailandia la differenza è palpabile. Al gabbiotto degli ufficiali birmani un ragazzo ci indica i vari sportelli a cui dobbiamo rivolgerci di volta in volta. Ci dice anche che oggi è un grande Buddha Day e che quindi c’è molta poca gente. In qualsiasi altro posto questo ci avrebbe fatto drizzare le antenne ma qui sentiamo che possiamo fidarci. Infatti non ci chiede nulla per il suo servizio e anzi ci porta anche da un taxi che per pochi soldi ci può portare all’autobus per Yangon. Noi però per una sorta di riconoscenza con la nostra amica decidiamo di aspettarla, intanto cambiamo un po’ di soldi. Ci guardiamo un po’ intorno e notiamo anche che tutti gli uomini qui sono vestiti con camicia e una sorta di pareo al posto dei pantaloni. Anche le donne hanno vestiti molto più colorati e indianeggianti. Ma vuoi vedere che questa Birmania sente l’influsso del vicino colosso Indiano come il Vietnam lo sente della Cina? Sarebbe una fantastica introduzione a quel continente!! Quando la nostra amica arriva ci dice che lei deve andare a Hpa-An, una cittadina a metà strada tra qui e Yangon e se vogliamo possiamo fermarci da lei per la notte. Purtroppo dobbiamo declinare l’offerta in quanto abbiamo i giorni contati per fare il visto indiano. Ma perché queste occasioni ci si presentano nel momento sbagliato?? O forse siamo noi che ci facciamo troppi problemi? Non so. Comunque gli diciamo che noi dobbiamo arrivare nella ex-capitale oggi e lei ci propone allora di fare un tratto del viaggio insieme. Accettiamo e inizia subito ad organizzare il viaggio: lei con gli autobus in Birmania non ci gira, soprattutto sulla strada che stiamo per fare che ci dice essere molto pericolosa, quindi inizia a contrattare con uno degli autisti che sono nel parcheggio. L’impresa è tutt’altro che facile in quanto, essendo un grande giorno di festa, questi non hanno voglia di lavorare. Ma che ci state a fare li allora?? Cercano lavoro e sperano di non trovarlo probabilmente.

Mae Sot Border
Welcome to Burma!

Alla fine riesce a trovare il nostro uomo e chiama anche una compagnia di autobus per portarci da Hpa-An a Yangon. Dopo poco (“poco” per i tempi birmani che avremo avuto modo di conoscere) partiamo compressi in 7 dentro una station wagon, con bagagli al seguito. Il viaggio trascorre tranquillo anche se la nostra amica continua a ripeterci che è solo perché oggi è festa altrimenti sarebbe molto più congestionato e pericoloso. Non perde occasiona anche per farci vedere i luoghi di incidenti che avevano coinvolto autobus o minivan, però ci tranquillizza che il driver che lei ha scelto è coscienzioso altrimenti non sarebbe salita. A noi la strada non sembra tanto più pericolosa di molte altre che abbiamo fatto fino ad ora ma ci fidiamo dei suoi racconti e della sua prudenza. Alla sosta facciamo il primo incontro con la cucina birmana e anche se è colazione io provo un piccolo piatto di patate e legumi con una salsina molto invitante a base di curry. E’ subito amore. Sarà perché è da marzo che mangiamo suppergiù le stesse cose ma questo sapore così speziato mi risveglia qualcosa dentro. Ecco la cucina che cercavamo!!
Arriviamo a Hpa-An in tempo per il nostro autobus ma quando stiamo per scendere dall’auto ci viene un dubbio: ma non è che è pericoloso? La nostra amica ci ha messo un po’ paura. Ma lei ci tranquillizza: anche lei domani prenderà questo autobus per andare a Yangon. Ok allora si parte! O meglio si aspetta visto che partirà alle 11 e sono solo le 10.

Yangon bus
Il primo autobus in Birmania

Nel frattempo prendiamo confidenza con le autostazioni birmane che al contrario di quelle viste fino ad ora non hanno nessun organo centralizzato, nessuna biglietteria comune, nessuna sala d’aspetto. Sono degli immensi parcheggi con dei bassi caseggiati dove ogni compagnia ha il suo ufficio, la sua sala d’aspetto e i suoi autobus parcheggiati di fronte. Se non sai a chi rivolgerti sei perso. Comunque contiamo di cavarcela anche qui.
Anche il viaggio fino a Yangon si svolge nel migliore dei modi, l’autobus è comodo e le strade non sono la fine del mondo. Poi entriamo nel girone dell’inferno: grazioso appellativo con il quale mi riferisco alla stazione degli autobus di Yangon. File di autobus interminabili, taxi, moto e auto che tentano di infilarsi ovunque, una folla indistinta che riempie tutti gli spazi lasciati vuoti dai mezzi; e poi non un unico piazzale ma una città in miniatura fatta solo di uffici di compagnie. Insomma un ambientino rilassante nel quale capire come coprire i 12km che ci separano dal centro (perché la curiosa abitudine di mettere le autostazioni in “culandia” è arrivata pure qui).
Appena scesi dall’autobus veniamo assaliti dalla solita folla di tassisti che per 15000 kYat ci portano dove vogliamo: e grazie diciamo noi, è triplo della normale tariffa. Iniziamo a chiedere un po’ in giro e, ringraziando i birmani, riusciamo a capire che la tariffa onesta è di 7000 kyat (e non 5000 come pensavamo noi) Ma comunque, visto che è presto e che ci è sempre andata bene fino ad adesso, decidiamo di provare a girare ancora un po’ per capire da dove partono i trasporti locali per il centro: i birmani infatti non prendono taxi quindi in qualche modo devono fare.
Ci dirigiamo verso la grande arteria che conduce diritto in città. Qui vediamo un gran numero di autobus fermarsi ma capire dove vanno è impossibile. Chiediamo ad un ragazzo che con gentilezza ci dice che ci indicherà lui l’autobus (300 kyat!!!) o altrimenti possiamo saltare su un minivan per 1000 kyat a testa, molto più veloce e confortevole. Che diamine crepi l’avarizia!! Saltiamo su uno di questi minivan che per un terzo del prezzo di un taxi ci portano in centro città. Il comfort il ragazzo non so dove lo abbia visto che siamo compressi come sardine, ma orgogliosi di avercela fatta anche questa volta.
Arrivati in centro dopo un’ora, c’era infatti un traffico incredibile, ci attendono ancora una ventina di minuti di passeggiata a passo svelto in città per raggiungere la nostra guesthouse. Nonostante sia sera una miriade di bancarelle affetta, sfilaccia, batte, frigge, arrostisce, ripassa in padella, bolle in pentola ogni ben di dio, tra profumi intensi che stimolano l’acquolina in bocca. Com’era la storia che la patria del cibo da strada era il Vietnam????
Arriviamo in guesthouse affamati, posiamo gli zaini in camera (molto graziosa e pulita, peccato senza finestre come tutte quelle economiche a Yangon) e usciamo per una cena veloce: cocomero e qualcosa di fritto non ben identificato (ma bono!!). Rientriamo a dormire dopo una breve passeggiata e ci buttiamo a letto. Domani è un altro giorno.
La prima cosa che dobbiamo fare oggi è andare al consolato indiano a presentare la domanda di visto. Facciamo colazione con l’immancabile uovo, toast e un ombra di marmellata e poi ci incamminiamo. Attraversiamo gran parte della città vecchia di Yangon e sempre di più ci facciamo ammaliare dal suo fascino. E’ si scrostata, un po’ sporca e non curata come si dovrebbe ma ha una sua anima; molto più forte di altre capitali del sud est asiatico. Innanzi tutto è vivissima, ogni due o tre vie c’è un mercato, le bancarelle sono ovunque, le persone mangiano in strada a qualsiasi angolo; poi le sue palazzine coloniali sono ancora li a dare una certa eleganza alle vie, anche se queste ora, data la trascuratezza, sono quasi un museo dell’antiquariato. Pur essendo una metropoli insomma riserva delle sorprese inaspettate.

Yangon streets
Alla scoperta dell’architettura coloniale

Anche la popolazione contribuisce a tutto questo: con i suoi uomini in gonnella, le donne coloratissime, tutti intenti a masticare e sputacchiare la foglia di betel, tutti sorridenti e mai aggressivi, non asserviti al dio denaro.

Yangon people
Uomini in Longyi

 

Yangon people
Le donne in Birmania

 

Yangon people
Un uomo...particolare

Le procedure per il visto sono semplici se si esclude il fatto che il pagamento deve essere fatto in dollari stiratissimi e nuovi, altrimenti le banche birmane non li accettano. Avevamo letto di questa storia ma il comportamento dei cassieri rasenta veramente il ridicolo; dobbiamo uscire e andare a cercare un cambiavalute per farci cambiare i Bath tailandesi che avevamo ancora in perfette banconote da venti dollari mai usate. E non ti azzardare a piegarle, pena l’inutilizzabilità delle stesse. Ci fanno ancora delle storie ma poi vedendo che siamo veramente esausti delle loro richieste rinunciano a pretendere l’importo esatto e si prendono la banconota da 100 dollari che gli piace di più e ci danno il resto. Ci danno l’appuntamento per il ritiro e la presa delle impronte digitali tra una settimana; pensavamo meno ma non fa molta differenza, ci dicono che possiamo tranquillamente girare per il paese con la fotocopia del passaporto e la ricevuta che loro ci lasceranno quindi non siamo troppo preoccupati. Usciamo da lì e andiamo per scaramanzia all’agenzia turistica per sentire se il “border crossing permit” può essere ora rilasciato, anche se sappiamo benissimo esserci pochissime aspettative. Difatti ci dicono che sarebbe possibile attraversare il confine solo se poi si rientra in Birmania, cosa che per noi è impossibile.
Ora che anche questa ultima flebile speranza è svanita siamo di fronte al fatto che dovremo prendere un aereo, che dovremo infrangere quella regola che ci eravamo dati di non prendere voli, di non prendere scorciatoie. Ma a parte la piccola delusione non ci sentiamo affatto sconfitti. Perché questa non è una scorciatoia, noi al confine con l’india ci siamo arrivati e abbiamo assaporato tutto il lento avvicinamento a questa magica terra; e se ora dei burocrati ci devono impedire di raggiungere quel sogno bè un volo, che alla fine è solo un saltino sopra ad una riga tracciata su una mappa, ci sta tutto. Poi, si sa, l’appetito vien mangiando e allora ci diciamo: perché non voliamo in Nepal a questo punto?? Stiamo li una quindicina di giorni e poi scendiamo in India?? L’idea ci piace e ci da la giusta carica per superare il momento. Anche uno zozzissimo Lassi (bevanda a base di yogurt) preso in una zozzissima bancarella ci dà una bella carica. Nei giorni seguenti, probabilmente, ci darà anche un motivo per sudar freddo seduti in bagno, ma ora non ce ne curiamo. Oggi siamo in buona e ci concediamo varie puntatine in diverse bancarelle che incontriamo.
Torniamo in hotel perché la burocrazia della giornata non è ancora finita, anzi, il difficile ha da venire! Dobbiamo infatti iniziare a preparare tutta la documentazione per dimostrare la nostra “coppia di fatto” all’immigrazione australiana. Non avendo vissuto insieme questo rappresenta uno degli argomenti più ostici e quindi uno di quelli in cui bisogna impegnarsi di più.
Ci mettiamo nella piccola hall della nostra guesthouse a lavorare e, quando due ingegneri si mettono sotto, levatevi tutti che so scintille; soprattutto se entrambi sono abituati a fare di testa loro. Diciamo che non sono volati computer e scrivanie solo perché eravamo in un luogo pubblico e perché entrambi sapevamo che quello che stavamo facendo era troppo importante per bisticciare come primedonne. Ma che sguardacci! Da gelare il sangue!!
Riusciamo prima di cena a portare a termine tutto quello che ci eravamo prefissi e prenotiamo anche l’aereo Yangon-Katmandu, con un comodo scalo a Kuala Lumpur di 13 ore. Siamo esausti e vorremmo solo buttarci a letto ma qualcosa si deve pur mangiare così scendiamo e arriviamo alla prima bancarella che troviamo per mangiare un po’ di noodles e poi a nanna.
Il giorno seguente decidiamo di fare un po’ i turisti in questa “capitale-spirituale” birmana. Stasera abbiamo il bus notturno per Mandalay quindi liberiamo la stanza e dopo aver fatto colazione usciamo alla volta della Sule Pagoda, il centro nevralgico della vita qui a Yangon.

Yangon breakfast
Relax e colazione

Prima di arrivare ci facciamo tentare da una bancarella che sembra avere del formaggio e ci facciamo preparare un piattino di noodles…la fine del mondo (anche se forse li rimpiangeremo…).

Yangon street food
Tanto non ci fa male…

La pagoda è tipica dello stile birmano di cui avremo modo di vedere tanti tanti esempi durante il nostro soggiorno: è completamente dorata, ha un camminamento periferico da percorrere esclusivamente in senso orario costellato di tempi e tempietti e quattro altari principali ai quattro punti cardinali. Nonostante sia antichissima non sembra trasudare storia, forse anche per le aureole al neon che non si fanno mai mancare a una statua del Budda che si rispetti. Anche il prezzo è un tantinello esagerato se confrontato con il costo della vita di qui; oramai ci dovremo essere abituati ma in realtà ancora ci fanno rodere un po’.

Yangon Sule Pagoda
Il simbolo di Yangon

 

Yangon Sule Pagoda
Tutto dorato

 

Yangon Sule Pagoda
Girando intorno come fedeli

Seguiamo poi il “walking tour” della Lonely Planet per scoprire la Yangon coloniale con i suoi palazzi in stile britannico. Non capisco perché ancora ci ostiniamo a farli questi itinerari che poi rimaniamo sempre delusi. Molto meglio girare a caso senza aspettative: si rimane affascinati dalle piccole scoperte che si fanno molto di più che dai must-have di una guida turistica. Nota positiva: compriamo dei dolcetti da un venditore ambulante che sono strepitosi!!
Si questo cibo da strada birmano ci sta facendo veramente impazzire e anche il pranzo lo facciamo in un ristorantino improvvisato a lato della strada: una bancarella che funge da cucina, qualche mini tavolino e sgabello in plastica per i clienti e un telo da ferramenta a protezione dal sole e dalla pioggia. Cosa serve di altro?? Forse un livello di igiene leggermente superiore a “slum-di-Calcutta” ma, diamine, se siamo resistiti fino ad ora resisteremo anche alla Birmania (anticipazione: no, non resisteremo). BANCARELLE DEL PRANZO Finito il pranzo facciamo si e no 10 passi e ci sediamo nuovamente su degli sgabelli di plastica per provare la bevanda calda tipica birmana: il the con latte. A me questo accostamento è sempre piaciuto fin da piccolo mentre Erika mi dice che gli ha sempre fatto uno strano effetto. Ma questo che assaggiamo piace anche a lei! Ora sappiamo con cosa sostituire al “Caphe Sua Da” vietnamita nelle nostre giornate.

Yangon chai
La bevanda nazionale

E’ ancora presto quindi ci dirigiamo verso il famoso mercato della giada, prodotto nazionale qui in Birmania. Lungo la strada passiamo attraverso un quartiere se possibile ancora più vivo e colorato di quelli vicino il nostro hotel. Ci muoviamo quasi con difficoltà in mezzo a questo fiume brulicante di persone. Scopriamo poi essere la China Town di Yangon, il vero centro della vita cittadina.

Betel
Il banchetto del Betel

Il mercato è immenso ed è composto di diversi edifici ognuno pieno zeppo di gioiellerie. Oggi anche un grandissimo numero di negozietti di souvenir ha aperto ma, nonostante tutto, ancora si riesce a percepire una certa autenticità. Come le trattative dei mercanti di giada al caffè interno il bazar o i grandi massi di materiale ancora grezzo all’ingresso dei laboratori o, infine, i pregevoli gioielli creati con il prodotto finito.

Yangon Jade Market
Contrattazioni al “ristorante”

Questo minerale ci affascina, dal colore così delicato e allo stesso tempo così particolare, opaco, quindi non banale come altre pietre preziose, resistente e con una storia lontanissima nel tempo (i primi oggetti ornamentali risalgono a quasi 7000 anni fa) che spazia dall’Asia all’America latina. Ci piace talmente tanto che se un giorno avremo la fortuna di diventare genitori di una bellissima bambina, ci piacerebbe chiamarla Giada; e gli racconteremo di quel lontano giorno di Luglio del 2016 quando in Birmania, nel bazar della giada di Yangon, decidemmo il suo nome. Sarebbe veramente una bella storia.
Torniamo in hotel con una lunga passeggiata per la città.

Yangon people
E poi c’è lui!!

Prendiamo le nostre cose e ci incamminiamo verso la Sule Pagoda da dove partono i minivan per la stazione degli autobus che abbiamo preso all’arrivo. Ci mettiamo un'altra ora ad arrivare all’autostazione ma come al solito ci siamo mossi con un bel margine e quindi abbiamo tutto il tempo di trovare la nostra compagnia: la JJ-Express. Già dalla sala d’aspetto ci fa un’ottima impressione che si concretizza non appena vediamo l’autobus arrivare: uno dei più belli sui quali abbiamo mai viaggiato. Per questo viaggio eravamo molto in dubbio su che compagnia e che classe scegliere, alla fine abbiamo optato per una seconda classe (le prime costavano veramente una fucilata) ma della compagnia TOP così da mantenere il rapporto prezzo/prestazioni ad un livello accettabile. Mai scelta fu più azzeccata dato che questa seconda classe sembrava piuttosto una business-class: non posso pensare cosa sia il servizio VIP!!

Backpacking in Burma
Le nostre case portatili

 

Waiting for the bus
In moto…o no??

Ci mettiamo quindi ai nostri posti e ci prepariamo a questa nottata in autobus.

Burma sleeping bus
Si dormirà stanotte??

 

Burma sleeping bus
VIP!!

 



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